Strategie Dei Recruiter per Sopravvivere Durante la Pandemia

By Talentwolf

Se hai già visto uno spettacolo di prestigio con il lanciatore di coltelli bendato, sarà più semplice immaginare il lavoro dei recruiter durante la pandemia.

Rischi di dissanguamento a parte, il mondo delle risorse umane si è visto venir meno, con i vari contenimenti anti-Covid, un aspetto fondamentale che gli consente di percepire la realtà: il colloquio fisico.

In compenso, si è ritrovato a disporre in misura molto maggiore del quasi sacro elemento del tempo, prima sempre contingentato, sempre poco, sempre rapido.

In questo articolo vorremmo parlare delle strategie dei recruiter per sopravvivere all’imposizione del lavoro da casa.

Dal come si organizza una giornata di lavoro secondo alcuni recruiter italiani presi a campione da LinkedIn, ad alcuni semplici consigli per la gestione dei contatti e delle pipeline con la giusta costruttività.

Lavorare bendati non è facile. Ma con qualche piccolo accorgimento possiamo ancora centrare i nostri obiettivi di produttività.



1)  Fare da traino - le strategie dei recruiter al colloquio


I dati Inps sulla cassa integrazione parlano chiaro: non è un periodo di incremento per le assunzioni. Però ce ne sono, e ha senso considerare il nuovo scenario di recruiting da pandemia: sia le aziende sia i candidati alla nuova posizione lavorativa andranno colloquiati virtualmente, e la gestione della situazione sarà una novità per tutti.

Indovina chi è il facilitatore? Qui le strategie del recruiter possono essere molteplici, da un follow-up costante verso entrambe le parti in causa, alla dimostrazione di proattività ed entusiasmo, all’impegno per creare il clima giusto. L’importante è essere consapevoli che senza l’autorevolezza del recruiter, gli ingranaggi del processo non sono oliati per nessuno.



2)  Mantenere vivo il proprio network


Nulla di meglio che curare lo stato di salute della propria rete di contatti, quando si è bloccati a casa. Per i recruiter che gestiscono clienti in cerca di job position, può essere un buon momento per dare una rispolverata ai cv, fare un po’ di benchmarking dei salari del cliente, suggerire corsi di formazione.

È anche un modo per mostrare che si è presenti, che al candidato - in fondo - ci si tiene davvero. O anche solo un modo per dare un’impressione positiva di continuità, perché i professionisti stanno ancora lavorando e la ripresa è vicina.

Un messaggio del genere può diventare fondamentale nel momento in cui diverse categorie di lavoratori e non vivono un profondo scoraggiamento e incertezza per il futuro prossimo.



3)  Coltivare il proprio brand


Il tempo… risorsa fondamentale, ma così facile da lasciar scivolare via, tra mille impegni, scadenze e corse quotidiane. Il lavoro da remoto e il calo di assunzioni concede un’opportunità di crescita personale che forse non si ripresenterà in futuro.

Quindi, non servirà prendersi un anno sabbatico! Una buona strategia per i recruiter durante la pandemia può essere quella di dedicare una quota prestabilita di tempo alla propria formazione, al proprio CV, ai propri profili social e alla loro gestione. Anche, al networking con i colleghi, per scambiarsi pareri, spunti e progetti per il futuro.



5) Il social dei recruiter: Talentwolf


Abbiamo parlato della gestione dei propri profili, ma cosa succede quando nasce un vero e proprio social per i recruiter? Talentwolf è una piattaforma di personal branding e rating personale pensata appositamente per chi si occupa di Head Hunting.

Trovare nuove sacche di business può non essere semplice, in mancanza di eventi live. Per questo, più o meno tutte le professioni tendono a smaterializzarsi e portare il networking a un livello digitale. Talentwolf è il risultato di questa tendenza, e consente di aprire comodamente un profilo da recruiter, per essere meglio intercettati dalle aziende.

Il sistema di feedback e referenze sul portale consente di crescere in visibilità, e di esser premiati per il proprio buon lavoro. Per il resto… in bocca al lupo!



Qualche testimonianza dai recruiter italiani

La teoria e il buonsenso ci danno qualche buona ipotesi di strategia, ma cosa ne pensano i recruiter che in questi mesi hanno dovuto lottare in prima persona con il lavoro da remoto e il totale stravolgimento del proprio workflow?

Abbiamo svolto un’inchiesta su Linkedin, dalla quale sono emersi risultati creativi, molto strutturati e in alcuni casi estremamente efficaci per la gestione delle proprie risorse.

Vediamoli insieme.

Quali sono le vostre tattiche per sopravvivere e crescere in tempi di COVID?


Questa la domanda generica che è stata proposta a un campione random di persone.

Giusi Francaviglia (Digital HR) risponde con una routine quotidiana completa:

“- Dedicare almeno 1 volta al giorno del tempo per rispondere ai messaggi che ricevo su LinkedIn dai candidati interessati alle posizioni;

- Uso quotidiano di Trello: per gestire le mie Pipeline, mappare i processi di lavoro e recuperare in fretta informazioni;

- Uso del "Pomodoro" per obbligarmi alle pause tra uno screening CV e l'altro;

- almeno 1 ora al giorno di formazione online/lettura su temi di digital HR per trovare nuovi spunti e modi per facilitare il lavoro quotidiano;

- Digital Detox: non dimentico mai di staccare ogni tanto e godermi un po' di sano silenzio offline per ricaricarmi”.


Per Giuseppe Malandrino la "tattica" per sopravvivere invece è un buon allenamento, andando a correre alle 6 di mattina.

Condizione fondamentale a qualsiasi di queste strategie è però, come sottolinea il recruiter Guido Penta, “una sedia comoda!”. Anche l’hardware, in fondo, è importante. 

Networking, networking a ancora networking

Il lavoro di creazione di contatti online è il metodo privilegiato da Thomas Valmacco, HR Consultant, che mette a frutto il tempo principalmente con “job posting accattivanti e mirati con cadenza settimanale, senza troppi giri di parole. Il tutto seguito da un buon numero di contatti inerenti alla specialty di ricerca (creando un bacino di contatti inerenti alla tua specializzazione nel recruiting)”.

Anche Giulia Gizzi, recruiter per un’agenzia per il lavoro, spiega di stare “lavorando a degli accordi commerciali che ci permettano di essere considerati come fornitori "preferiti" di candidati destinati ad assunzione diretta e/o somministrati e, nondimeno, punto di riferimento per l'assunzione di payroll”.

Spezza invece una lancia a favore del colloquio Filippo Soffiato, HR consultant presso Spring Professional, “Come mi è stato insegnato nella realtà di cui faccio parte, esiste una regola fondamentale: fare colloqui. Conoscere e parlare con le persone, al telefono o naturalmente via piattaforma (ora che de visu ci è impossibile)”. Uno dei modi privilegiati per valorizzare le professionalità “senza necessariamente un approccio consulenziale ma come persone che si confrontano amichevolmente ma con professionalità, ciò credo sia d’aiuto per farsi conoscere sul mercato, avere potenziali candidati e apprendere la mansione che svolgono e il settore di appartenenza”.


Empatia al primo posto

L’empatia con i clienti è la parola d’ordine per Valentina Pigatto, Headhunter: “Empatia e ascolto anche via web e call - è la strategia della recruiter, associata a - Update costanti con clienti e feedback puntuali verso i professionisti con i quali entro in contatto”. 

Sulla stessa linea anche Magda Negrisolo, HR consultant, che si sta concentrando sul “offrire ai candidati un supporto consulenziale che non si limiti solo alle offerte di lavoro ma che dia una visione a 360° sul mercato e sui settori in crescita nonostante il Covid-19”.

 

Se, come si è detto all’inizio, il recruiter deve essere il facilitatore, forse questo ruolo può considerarsi estendibile all’intero mercato del lavoro.

Le sfide non sono finite, ma una cosa è certa: i recruiter non stanno certo a guardare in silenzio.